Stabile organizzazione

Le imprese residenti in Italia per operare sui mercati esteri possono aprire una sede fissa d’affari (c.d. branch). 

Il concetto di stabile organizzazione viene individuato dal nostro ordinamento nell’art. 162 del TUIR e nell’art. 5 del Modello di Convenzione dell’Ocse.

Entrambe le norme definiscono la stabile organizzazione come una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività. Nel concetto vi rientrano:

  • le sedi di direzione
  • le succursali
  • gli uffici
  • le officine
  • i laboratori
  • i luoghi di estrazione di risorse naturali
  • i cantieri di costruzione.

La stabile organizzazione rappresenta una articolazione della casa madre, non configurando un soggetto giuridico autonomo, come invece si avrebbe, andando a costituire all’estero una legal entità/subsidiary.

Dal punto di vista tributario, però la stabile organizzazione dovrà scontare la tassazione nel paese dove opera in quanto considerata autonomo soggetto d’imposta ed anche nel paese di residenza della casa madre, andando a generare un fenomeno di doppia imposizione attenuato o eliminato tramite l’applicazione delle Convenzioni siglate dall’Italia con più di 80 paesi.

La registrazione di una stabile organizzazione, diversamente da una legal entity non richiede il versamento di somme a titolo di capitale lasciando alla casa madre la possibilità di dotarla di un fondo di dotazione (costituito da beni, denaro, personale, ...) per l’attività in loco.

Dal punto di vista contabile i risultati della stabile dovranno entrare a far parte del bilancio ordinario della casa madre (una volta riclassificate e rideterminate le voci di bilancio, secondo i nostri criteri di valutazione delle poste contabili) ed i redditi della stessa concorreranno a formare il risultato d’esercizio della casa madre e di conseguenza verranno assoggettati a tassazione in Italia salvo il riconoscimento del credito di imposta per i carichi tributari scontati all’estero.

La mancanza di soggettività giuridica autonoma determina l’immediata attribuzione dei redditi (o perdite) della S.O. in capo alla casa madre e quindi l’assenza di dividendi nei rapporti reciproci.

La definizione di stabile organizzazione fu introdotta, per la prima volta nel nostro diritto interno il 1° gennaio del 2004 con l’art. 162 del TUIR. All’interno dell’articolo si possono individuare due tipologie di stabile organizzazione:

  • “stabile organizzazione materiale” (S.O.M)
  • “stabile organizzazione personale” (S.O.P.).

Il comma 1 dell’art. 162 del TUIR prevede una definizione generale, una “basic rule” per individuare la S.O.M. mentre i successivi commi contengono delle esemplificazioni positive e negative del concetto stesso.

La presenza di una stabile organizzazione in un determinato territorio deve essere valutata sulla base di una serie di requisiti che la dottrina definisce come “elementi costitutivi della fattispecie” ossia i:

  • requisiti oggettivi - un luogo fisico ove individuarla (place of business test) e la sua fissità (fixed place) in quel luogo
  • requisiti soggettivi - la disponibilità della S.O.M. da parte dell’impresa estera (right of use) e la permanenza della S.O.M. (permanence test)
  • requisiti funzionali - la connessione dell’istallazione all’esercizio dell’impresa estera (business connection test) e l’idoneità produttiva dell’istallazione stessa (carrying on of the business enterprise).

Il Commentario al Modello di Convenzioni OCSE fornisce una serie di indicazioni per meglio individuare la presenza di una S.O.M.

Il concetto di sede d’affari (place of business test), specifica il Commentario, può consistere in ogni tipo di edificio, struttura o istallazione utilizzati, anche non in forma esclusiva, per lo svolgimento dell’attività d’impresa compresa anche solo la presenza di macchinari, apparecchiature, di un locale o anche solo un’area o uno spazio all’interno di un immobile.

Assolutamente irrilevante risulta il fatto che gli immobili, i locali o gli impianti siano di proprietà del soggetto estero essendo sufficiente la mera disponibilità degli stessi.

La sede d’affari, per essere considerata S.O., dovrà poi avere il requisito della

fissità (fixed place) ossia dovrà manifestare un legame con il luogo dove materialmente è stata ubicata. Viene richiesta quindi una fissità nello spazio che non comporta, sempre secondo il Commentario, l’esser fissata fisicamente al suolo essendo sufficiente che la stessa resti ferma nello spazio.

L’elemento della stabilità per la configurabilità di un S.O. può essere riscontrato anche in una stabilità temporale dell’istallazione (permanenza) in quei casi in cui non sia riscontrabile una stabilità spaziale come per esempio nelle ipotesi di attrezzature o istallazioni mobili.

Viene quindi richiesta una connessione, spaziale o temporale, con il territorio dove risiede la sede d’affari, connessione che deve concretizzare un certo grado di permanenza della sede, in ragione della specifica attività esercitata.

All’elemento di connessione, spaziale o temporale, si aggiunge anche un altro elemento di collegamento, questa volta di tipo soggettivo e quindi non più oggettivo: il collegamento della sede d’affari con il soggetto non residente (“right of use”).

Occorre quindi definire i criteri (right of use test) per verificare la sussistenza di questa relazione, criteri che in base alle indicazioni fornite dal Commentario, non sono collegati al titolo giuridico in base al quale l’istallazione fissa viene utilizzata dall’impresa estera, essendo sufficiente che la S.O. sia nella disponibilità dell’impresa estera ossia venga esercitato, costantemente (e non sporadicamente) sulla stessa un controllo di fatto, prescindendo quindi dall’elemento giuridico sottostante (controllo esercitato tramite un diritto di proprietà, di usufrutto, di comodato o altra modalità).

I requisiti di fissità e disponibilità non potranno, però, identificare una sede come sede fissa d’affari senza l’elemento della permanenza (permanence test) ossia di una presenza dell’organizzazione nello stato estero per un periodo di tempo sufficiente.

Quindi la relazione (elemento soggettivo) tra il soggetto estero e la sede dovrà protrarsi per un periodo di tempo sufficientemente lungo affinché si possa integrare a pieno l’elemento della stabilità.

Una presenza nello Stato estero non necessariamente di tipo continuativo ma con elementi di regolarità. Un utilizzo della sede regolare nel tempo, a prescindere da eventuali temporanee interruzioni dovute ad elementi fisiologici legati alle caratteristiche dell’attività svolta nello stato di istallazione.

Terminata l’analisi degli elementi soggettivi ed oggettivi per poter qualificare una sede come S.O. occorre infine verificare anche la sussistenza degli elementi di tipo funzionale.

La sede fissa, dovrà essere utilizzata per esercitare in tutto o in parte l’attività

dell’impresa non residente e quindi occorrerà verificare (business connection test) che tramite la stessa venga effettivamente realizzata una specifica funzione (finanza, marketing, etc.), una specifica attività o proprio l’attività svolta dalla “casa madre”, evidenziando quel legame funzionale necessario per integrare la fattispecie.

La stabile, poi, dovrà essere in grado di produrre autonomamente un reddito. L’idoneità produttiva (carrying on of the business enterprise) risulta quindi essere l’ultimo requisito da analizzare per arrivare a qualificare una sede, come S.O. di un impresa non residente, tanto che le c.d “esemplificazioni negative” fornite sia nel Modello OCSE che nell’art. 162 del TUIR sono proprio caratterizzate dall’assenza di qualsiasi elemento di produttività.

Lara Piccinino